3° Incontro – Irrigazione, Cricifere, Peperone e Zucchino

Durante il 3° incontro, nella prima parte, ci siamo soffermati sull’irrigazione, ossia quella pratica agronomica che si occupa dell’apporto artificiale di acqua al terreno. In prima approssimazione il terreno può essere assimilato ad un complesso recipiente del quale i vegetali traggono principalmente acqua ed elementi nutritivi e nel quale gran parte dei fenomeni chimici, fisici e biologici che si verificano appaiono influenzati dal grado di umidità. Questi fenomeni, sono più favorevoli alla vita delle piante e quindi alla produttività delle colture quando c’è un giusto rapporto tra gli spazi occupati dall’aria e quelli occupati dall’acqua nel terreno.

In conseguenze a fenomeni di evaporazione, percolazione (= cioè quando l’acqua scende negli strati più profondi del suolo), assorbimento e apporti idrici naturali o artificiali, l’umidità del terreno è soggetta ad una complessa dinamicità che modifica di continuo il rapporto tra acqua ed aria nel terreno. Quindi per decidere quando apportare l’acqua nel nostro orto o appezzamento bisogna tener presente diverse varianti quali i fattori biologici ed in particolare la tipologia di coltura presente e soprattutto il suo stadio di sviluppo. I fattori agronomici, ossia la densità di coltivazione nonché la tecnica colturale, che comprende tutte quelle pratiche che si eseguono sulla coltura e nel suolo per favorire lo sviluppo e la produzione della coltura. I fattori legati al suolo, perché la presenza di determinate tipologie di suolo può determinare una maggiore o minore perdita di acqua e quindi di conseguenza, differenti quantitativi di acqua disponibile per le piante. I fattori climatici, cioè la radiazione solare, la ventosità, la piovosità del luogo dove ci si trova ad operare. Quindi l’irrigazione non è un’operazione da effettuarsi con approssimazione, ma come tutte le altre operazioni di cui abbiamo parlato, anche l’apporto di acqua è una scelta da farsi basandosi su tutte le varianti che sono appena state elencate per evitare alle piante che stiamo coltivando inutili stress dovuti ad eccessi o a carenza d’acqua nel terreno. La coltivazione dell’orto si svolge soprattutto in quel periodo dell’anno dove la disponibilità d’acqua è minima e la richiesta da parte delle colture è massima. Per questo bisogna fare in modo di massimizzare l’utilizzo della risorsa idrica (= acqua) disponibile, facendo in modo che le piante riescano ad utilizzarla con il minor spreco possibile. Questo lo si può attuare lavorando in maniera adeguata il terreno, facendo in modo che questo abbia la giusta “grana” in modo che riesca a trattenere l’acqua che arriva attraverso le piogge o con l’irrigazione, ma che nel contempo, riesca a far defluire in maniera rapida la quantità in eccesso in modo da non creare danni alle piante col ristagno. Quindi bisogna lavorare il terreno nei momenti più ideali, in modo da non rovinare la sua struttura, sistemarlo in modo da favorire l’immagazzinamento dell’acqua e creare degli scoli dove questa possa passare per venir drenata quando presente in quantità eccessive. La presenza di sostanza organica nel suolo determina quanto detto: una dotazione normale derivata da letamazione, sovescio o qualsiasi altro apporto di qualità (di sostanza organica) conferisce al terreno la capacità di immagazzinare l’acqua e di renderla disponibile gradualmente alle piante. Quindi la sostanza organica gioca un ruolo fondamentale sia per la disponibilità di elementi nutritivi, ma anche per la messa a disposizione graduale dell’acqua. Anche il metodo irriguo gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda l’efficacia dell’intervento irriguo. E’ opportuno effettuare apporti d’acqua che siano in sintonia con l’apparato radicale delle piante che stiamo annaffiando. In presenza di apparati radicali poco profondi è opportuno irrigare con quantitativi minori, ma più frequentemente; al contrario con apparati radicali profondi, l’apporto idrico può essere più abbondante, con meno interventi. Ecco quindi l’importanza di collegare la tipologia di coltura, lo stadio di sviluppo della stessa e la quantità di acqua che essa richiede per adottare dei metodi irrigui che consentano di non sprecare eccessivamente l’acqua e di fare in modo che questa sia utilizzata nel miglior modo possibile dalle piante evitando nello stesso tempo l’insediarsi di flora infestante che oltre a sottrarre acqua all’apparato radicale della nostra coltura aumenterebbe la quantità d’acqua necessaria per portare a termine il ciclo delle nostre piante.  Il momento irriguo risulta fondamentale poiché è direttamente correlato al fatto che bisogna evitare sbalzi termici alla vegetazione e cercare nello stesso tempo di rendere disponibile e quindi fare utilizzare il più possibile l’acqua che noi apportiamo alle piante. Quindi effettuare l’irrigazione al mattino o alla sera, evitando di utilizzare acqua troppo fredda che porterebbe a shock termici particolarmente dannosi alle piante che determinano talvolta cascola dei fiori, dei frutti e maggiore suscettibilità delle piante all’attacco di funghi ed insetti.

Nella seconda parte della serata abbiamo parlato delle Crucifere. In particolari della coltivazione dei principali ortaggi appartenenti a questa famiglia ossia cavolfiore, verza, cavoletti di Bruxelles, cavolo rapa, cavolo cappuccio, cavolo broccolo. Dopo una breve descrizione della pianta, dove ci siamo fermati sulla particolarità dell’infiorescenza (à corimbo) che rappresenta la parte commestibile su talune varietà, abbiamo descritto la tecnica colturale, affermando la necessità di avere terreno abbastanza sciolto e concimato anche se questi ortaggi si adattano bene a tutti i tipi di suolo, ma traggono beneficio da una moderata presenza d’azoto nel suolo e da una notevole dotazione di boro per lo sviluppo dei fiori. Questi ortaggi prediligono le zone a clima fresco e umido e, data la loro tolleranza alle basse temperature, vengono coltivati durante tutto l’anno. Dopo il trapianto, la tecnica dell’irrigazione è fondamentale per avere un attecchimento idoneo delle piantine, ma soprattutto al momento della formazione del corimbo (cioè dei fiori) o della palla nelle varietà dove la parte commestibile è rappresentata dalle foglie. Tra le avversità, la peronospora risulta la più dannosa, da controllare con rame mentre tra gli insetti, la cavolaia è il fitofago che più arreca danni alla parte aerea della pianta. Un interventi all’imbrunire con piretro riesce ad eliminare la maggior parte delle larve risolvendo il problema.

Seconda importante coltura trattata durante la serata è stata quella del peperone. Appartiene alle solanacee, la parte che si raccoglie è la bacca, che può essere dolce o piccante di varie dimensioni e forme. La pianta di origine tropicale, è annuale nei nostri climi, di conseguenza si avvantaggia, per tutte le fasi del suo ciclo colturale, di temperature abbastanza elevate, soprattutto per portare a termine la produzione. La pianta si avvantaggia della concimazione organica, che oltre ad apportare elementi nutritivi, migliora le caratteristiche fisiche del suolo, caratteristica questa, molto “apprezzata” da questa coltura che teme molto i ristagni idrici del suolo. Per evitare questo inconveniente è opportuno lavorare accuratamente il terreno, con una lavorazione profonda dove si interra il letame o altro ammendante seguita dalle consuete operazioni di affinamento. Altro accorgimento importante è quello di attuare un’ampia rotazione, quindi di introdurre ogni 3-4 anni il peperone sullo stesso appezzamento essendo una coltura che risente molto della mono-successione e della stanchezza del terreno. L’apparato radicale del peperone è fittonante ma poco profondo, quindi, parlando di irrigazione, gli apporti idrici  devono essere frequenti ma con volumi d’acqua modesti. E’ molto importante l’irrigazione, in quanto quest’ortaggio necessita di umidità elevata e costante nel suolo. Per quanto riguarda altre pratiche agronomiche, da ricordare vi è la sfemminellatura, ossia l’asportazione della quasi totalità dei germogli che si sviluppano dall’ascella delle foglie. La cimatura, ossia l’asportazione della parte terminale dei germogli, si attua per fermare la vegetazione e per portare a maturazione i frutti in maniera precoce rispetto alla normalità. Per le varietà più sviluppate si può talvolta provvedere al sostegno mediante tutori, costituiti da asticelle di legno o bamboo che aiutano le radici a sorreggere la pianta che talvolta può raggiungere altezze importanti (150 cm). Le principali avversità fungine sono rappresentate dalla tracheomiscosi e dalla cancrena pedale che si possono controllare con interventi preventivi a base di rame. Soprattutto per la tracheomicosi, questa malattia risulta più incisiva quando abbiamo una rotazione troppo stretta con altre solanacee. Per quanto riguarda gli insetti, abbiamo la piralide che provoca rosure soprattutto sui frutti. Si può controllare efficacemente con trattamenti di piretro; per quanto riguarda gli acari, in particolare Tetranychus urticae, che provoca bronzatura sulle foglie, questo è controllabile con nebulizzazione fogliare di zolfo (che controlla anche l’oidio).

Il terzo ortaggio trattato è stato lo zucchino. Appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee ed è una pianta annuale con apparato radicale fittonante, ma abbastanza superficiale. Fusti erbaceo, cespuglioso con foglie espanse di forma vagamente triangolare; fusti e foglie sono dotati di peli duri (talvolta urticanti).  I fiori sono gialli, sono presenti quelli maschili e quelli femminili, schiudono al mattino e sono visitati da molti insetti pronubi (api, bombi, …) che provvedono all’impollinazione e quindi alla produzione. Il frutto, che è la parte che si raccoglie, è un peponide di varie dimensioni e colori che presenta talvolta strature o maculature. E’ una pianta da rinnovo, che si avvantaggia di elevate temperature per il suo ciclo colturale. Per quanto riguarda la preparazione del terreno, questa deve essere profonda (25-35 cm), accurata con interramento di sostanza organica, meglio se letame che contiene tutti gli elementi nutritivi indispensabili per la corretta fruttificazione in particolare potassio e magnesio. Il trapianto avviene in aprile-maggio, per evitare colpi di coda del freddo; si possono proteggere le piantine appena trapiantate oltre che anticipare la coltura, ponendo dei piccoli tunnel nelle prime settimane post trapianto. L’irrigazione è strategica: un’elevata umidità continua induce rigoglio vegetativo a discapito della produzione di fiori. Bisogna quindi irrigare abbondantemente con intereventi irrigui poco frequenti. La raccolta dei frutti avviene gradatamente al raggiungimento della pezzatura desiderata. Per quanto riguarda le principali malattie da segnala vi è la peronospora che si può controllare tranquillamente con sali di rame. Per quanto riguarda l’oidio, questo fungo viene controllato con lo zolfo che tiene sotto la soglia di danno anche gli acari. Per gli insetti troviamo gli afidi, da individuare subito ed eliminare con piretro tempestivamente prima della formazione della colonia.  La presenza di un cospiquo numero di cimici (Nezara viridula), che con le loro punture di suzione provocano deformazioni soprattutto ai frutti, può essere risolta trattando con piretro quando si notano le prime forme giovanili sulle foglie.

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Matteo Marzaro: Agronomo a Vicenza. EMail: matteo.marzaro@agricolturabiologica.eu Telefono: +39 334 1099757

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